Lettera a mio padre

da Lettera al padre di Franz Kafka 

musiche: Leoš Janácek, Quartetto n. 2, "Lettere intime"

martedì 18 ottobre 2016 - Teatro Farnese, Parma

Ugo Pagliai (voce recitante)

Quartetto Prometeo: Giulio Rovighi (violino primo), Aldo Campagnari (violino secondo), Massimo Piva (viola), Francesco Dillon (violoncello)

Maurizio Cardillo (regia, drammaturgia)
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Come sempre in Kafka ciò che ci affascina è anche ciò che ci sgomenta. Nella Lettera al padre ci pare di assistere allo svelarsi di un mistero. La forza impenetrabile e avversa del Processo, della Metamorfosi e di tante altre opere si incarna finalmente in un volto, un corpo, una voce: il Padre. Egli è un enigmatico tiranno, ma è anche «la misura di tutte le cose». È specchio, ombra, doppio; ma è uno specchio nel quale lo stesso Kafka non riesce a vedere nulla se non la propria immagine deformata. Il padre è l’origine di quel vertiginoso senso di colpa sul quale si fonda tutta l’opera dello scrittore praghese. Nella necessaria riduzione del testo mi sono dunque concentrato sul rapporto padre-figlio, sacrificando ogni altro aspetto e personaggio.
La maturità di quello straordinario interprete che è Ugo Pagliai mi ha permesso di osservare l’opera di Kafka da un lato attraverso la lente di un leggero straniamento; dall’altro mi ha consentito di sottolinearne la grande portata emotiva. Il dialogo tra parole e musica, qui magistralmente eseguita dal Quartetto Prometeo, si innesta proprio su questa base di passionalità che sia il testo di Kafka sia il Quartetto n. 2 di Janáček esprimono, in forme diverse ma in fondo simili, nate come sono da un comune milieu culturale. Janáček compose il suo quartetto per archi nel 1928, subito prima di morire, solo nove anni dopo la redazione della Lettera di Kafka, scritta nel 1919.
Nel sottotitolo del Quartetto, "Lettere intime", egli svela la fonte della sua ispirazione: l'amore per Kamila Stösslovà, una donna sposata, più giovane di lui di trentotto anni. Da quando la conobbe, nel 1917, Janáček inviò a Kamila centinaia di lettere, fissando sulla pagina l’espressione di un amore doloroso, incompiuto e irrealizzabile. Le Lettere intime sono l’atto finale di questa furia epistolare, il suggello musicale ad una storia impossibile, meraviglioso ritratto dell’ossessione amorosa e della sua proteiforme invadenza sulla psiche umana.
Il Quartetto n. 2, proprio come la Lettera al padre, sfiora, attraverso la passione, la dimensione della follia. Così in Kafka, nel convulso finale della lettera, quando il parlante si sdoppia, i narratori si moltiplicano e noi siamo presi da vertigine; così in Janáček, la cui musica percorre i territori della contemplazione e della fissazione amorosa, in un dialogo quasi schizofrenico e tuttavia perfettamente compiuto tra questi due estremi. (Maurizio Cardillo)